Presentazione
L'Associazione Mazziniana Bresciana, che fa parte della Associazione Mazziniana Italiana, apre il presente sito affinché, coi moderni mezzi della tecnica, anche a Brescia sia facilitata la conoscenza e la divulgazione del mazzinianesimo, cioè il pensiero di Giuseppe Mazzini. Vissuto egli nel diciannovesimo secolo, le conquiste politiche e sociali nel nostro Paese sono state in gran parte merito del suo sacrificio totale ed assoluto, quasi sempre in esilio ed in povertà. Il valore del suo pensiero consiste nell'aver tracciato la fisionomia dell'uomo autentico, costruttore del mondo, responsabile di fronte a Dio, al Popolo, all'Umanità, alla Patria, alla Famiglia ed a sé stesso, dunque artefice del Progresso.
Un pensiero che è di per sé un modo di intendere autenticamente l'uomo nel contesto sociale in cui vive, richiamandolo alle sue responsabilità e che reputiamo sempre valido, al di là del singolo contesto storico, sicché non ci sentiamo certo le austere vestali di un rito tramontato, né i severi appassionati di vicende che appartengono solo alla storia. E poiché alla base di quel che vorremmo far capire vi è la religione del "dovere", inteso quest'ultimo non solo quale imperativo per i singoli atti della vita quotidiana ma, soprattutto, come necessità di costruire sé stessi quali uomini responsabili nella comunione di destino con la società in cui si vive, ebbene riteniamo che faccia parte di tutto questo anche il dovere di divulgazione nelle forme che si rendono via via necessarie. Potete leggere, tra i fogli qui pubblicati, anche il documento “Fratelli miei da Brescia”, che Mazzini scrisse per i bresciani durante i moti del 1848. Chi vi si sofferma può ben notare la grave attualità di un pensiero che, sebbene riferito ad una particolare circostanza storica e territoriale, assume valore per sempre. L'incitamento a pensare al bene comune (“allora l'individuo rinascerà”) tralasciando la rivendicazione dei diritti e le piccole vertenze locali (“oggi l'uomo non è che l'incarnazione di un dovere......sacrificate dunque i vostri particolari diritti o riclami all'urgenza delle circostanze.......ogni città può rivendicare gli stessi diritti e conchiudere in un'anarchia rovinosa. Amici miei, pensate alla patria comune”), in vista di mete storiche già allora delineate ed ancor oggi da conquistare (“avete in mira voi.....gran parte dei fati europei, però che i fati europei dipendono essenzialmente da noi”).
In ragione del fatto che non vi è momento politico determinante nella storia del progresso civile e democratico del diciannovesimo e del ventesimo secolo in cui il mazzinianesimo non sia stato parimenti artefice, è davvero impossibile che una associazione come la nostra tralasci di considerare le questioni politico sociali rilevanti, trovando, al contrario, la propria giustificazione nella pretesa di affrontarle. Lo faremo costantemente, aggiornando gli argomenti delle nostre pagine.
Una questione intendo però qui evidenziare sopra tutte, in quanto di importanza determinante e prioritaria, ritengo, rispetto a tutte le altre. Viviamo in una società in crisi, senza dubbio. La alimenta il fatto stesso che, dovunque ci giriamo, non si riesce ad interpretarla. Indicare una via d'uscita significa anche avere trovato le parole per ragionarci sopra. Ma oggi è difficile riuscire a far intendere qualunque tipo di messaggio che implichi una visione della vita, che sia storico, filosofico, religioso e politico assieme, con una netta predisposizione ad indicare le coordinate sulle quali deve impostarsi il futuro della collettività. Se ci guardiamo intorno constatiamo ovunque paurose crisi individuali e collettive, sociali e delle coscienze.
La Storia sembra andare a ritroso e le sicurezze democratiche e sociali un tempo raggiunte abbiam paura che non ci appartengano più. Le decisioni rilevanti nella vita di tutti noi vengono oramai prese altrove rispetto alle naturali sedi democratiche rappresentative, quest'ultime ridotte, proprio per questo, a simulacri, vuoti delle funzioni loro proprie. Lo si fa spesso in nome dell'Europa, ma questa decide a mezzo di un sistema non certo democratico; i governi tecnici non sono scaturiti da urna elettorale alcuna; uno starnuto di borsa od i desiderata di qualche centro di potere economico finanziario possono ben più di tutti i parlamenti messi assieme; larghissima parte della popolazione oramai pienamente stabilita e nata qui non ha diritto di voto alcuno. Se storicamente si sono conquistati prima i diritti civili e ciò ha poi permesso di ottenere quelli sociali, tutti mirabilmente in equilibrio nella nostra Costituzione, oggi possiamo ben dire che ci troviamo di fronte ad un percorso a ritroso. Il cammino delle conquiste sociali tanto più è interrotto quanto più sono minacciate quelle già raggiunte. Il senso civico ed il senso comune crollano in un processo nei fatti decostituente.
Chi non si rassegna alza le sue barricate, protesta il suo impegno, ma ogni sforzo appare, chi lo può negare, privo di sfogo. Già è di per sé assai difficile costruire un pensiero ed un percorso, figuriamoci oggi in tempi di crisi e di paurose carenze di risorse umane e politiche. Non vi sono i mezzi che sappiano far sì che la tensione politico ideologica sia qualcosa di più e di diverso rispetto ad un mero guazzabuglio di sdegni individuali.
Il tema centrale, dunque, non è difendere i principi per cui ci si è battuti e le vittorie conquistate, l'assetto complessivo dei nostri valori, quelli costituzionali senza dubbio, onde evitare che siano cancellati. Non è tempo in cui impegnarsi sulla difensiva. Il senso del vero riscatto consiste nel prendere quei valori ed esportarli in dimensioni maggiori. Il che, fra l'altro, consentirà di difenderli assai meglio in casa nostra. E' una diversa prospettiva, che cambia radicalmente il modo di vedere le cose. E che ha il suo punto di visuale nella considerazione, da una parte, che oggi è venuto meno il principio della rappresentatività democratica perché le decisioni fondamentali che oggi interessano centinaia di milioni e miliardi di persone sfuggono a qualsivoglia percorso democratico legittimante; dall'altra, che il modello sociale che si va affermando è, per conseguenza, sicuramente deteriore rispetto ai principi di equità ed uguaglianza che ci dovrebbero appartenere.
L'unico modo per riprendere il filo del percorso democratico è quello di instaurare un processo costituente. Dopo la Costituzione Romana, direttamente mazziniana, dopo la Costituzione Italiana, che di quella Romana è sotto certi aspetti una derivazione tanto che spesso esse si sovrappongono, occorre preparare ciò che è inevitabile che prima o poi accada, vale a dire che si arrivi alla terza Costituzione, quella Europea, e anche qui occorre sottolineare quali fondamenta abbia posto il mazzinianesimo nell'idea di Europa unita. Costituzione europea che, per essere democratica e sociale, deve essere realizzata a mezzo di un percorso costituente autenticamente popolare. E la nostra associazione deve sentire come pressante impegno di Progresso quello per cui i principi fondamentali della terza Costituzione assomiglino il più possibile a quelli delle prime due. Con la radicale ed ineludibile precisazione che un processo costituente non vale l'altro.
Non è la stessa cosa seguire la strada finora percorsa dei vari accordi tra Governi in un guazzabuglio di trattati che non entusiasmano nessuno e che non fanno altro che perpetuare la presente crisi con travolgenti ricadute in abissi delegittimanti, oppure chiamare direttamente i popoli ad esprimersi e votare su un progetto organico complessivo ampiamente discusso. Con la consapevolezza che, così facendo, da una parte si porranno anche le basi dei futuri assetti democratici mondiali, dall'altra si porrà argine allo scivolamento verso il processo decostituente interno italiano cui prima facevo cenno e contro il quale occorre urgentemente combattere. Definire un percorso popolare costituente ed elaborare un progetto di Costituzione, dunque. Non conosco, in questa situazione storico politica, un diverso modo per dare alle giovani generazioni una voce che abbia per loro un senso vero.
Brescia, li dicembre 2012
Paolo Lombardi